Incipit


L'anticamera si presentava angusta, leggermente in penombra, con un odore di muffa poco consono allo status del luogo. Da lontano si udivano i rumori consueti della cancelleria, i passi veloci e incalzanti della piccola nobiltà di servizio, sempre attenta e laboriosa tra le missive e le ordinanze ufficiali.
-“Quanto ci faranno aspettare, ancora?”- borbottò a bassa voce un ragazzo sulla trentina, seduto nervosamente su una delle poltrone dell'anticamera.
L’uomo appoggiato alla finestra, dall'aspetto decisamente più vigoroso, alzò le spalle con fare sbrigativo, mentre seguiva con lo sguardo la gente della strada che camminava indaffarata.
Ad un certo punto la porta si spalancò, e una voce squillante, sicuramente quella del D'jak, li invitò ad entrare.
Non fecero nemmeno in tempo a varcare la soglia, che subito ebbe inizio il dibattito:-”Allora, certamente... Ho messo i carteggi nell'altro cassetto... Quindi voi sareste i nostri uomini. In realtà mi aspettavo più iscritti, vista l'ingente somma di denaro offerta in premio... Però così è andata, non ci si può fare niente!”-.
Le parole del nobile fluivano come l'acqua di un fiume in piena, che travolge le sponde senza curarsene. Nel frattempo i due ragazzi avevano preso posto di fronte alla grande scrivania, seguendo attentamente gli atteggiamenti, le parole e le smorfie dell'uomo.
-“Chi dei due sarebbe... Dem'yan?”- proferì ad un certo punto guardando i presenti.
Il ragazzo sulla trentina si drizzò di scatto come se gli avessero urlato nelle orecchie, e rispose incitato:-” Io sono Dem'yan! Cioè, mi chiamo Dem'yan Sergeevic Todorov...”-.
L’uomo sollevò il soppracciglio destro, rendendo evidente la sua perplessità:-“Certamente, bene... Lei vuole partecipare alla spedizione. Ma come pensa di fare? Da quello che trovo scritto qui, non ha esperienza sul campo, e ammette di non avere mai preso in mano una spada. E' disposto ugualmente a partire?”-.
-“Certamente, e mi dimostrerò all'altezza del compito assegnatomi. Ho delle ragioni molto forti che mi permetteranno di affrontare e superare qualsiasi ostacolo.”
Il D'jak si soffermò a lungo con aria crucciata, si portò i pugni davanti alla bocca e poi, con uno scatto repentino, riprese parola, ma stavolta rivolgendosi all'altro.
-“Lei invece sarebbe il cacciatore di taglie...?”-.
-“Yakov Viktorovich Sokolòv, piacere!”-.
-“Lei sa il fatto suo; leggo che ha scovato molti criminali pericolosi... fuorilegge... di tutto! Il pericolo non la spaventa! E lo fa solo per denaro?”-.
-“Quali sono le ragioni che mi spingono al lavoro che faccio, non sono affari tuoi. C'è il compenso? E' buono? ...sarò dei vostri!”-.
-“In ogni caso ci dobbiamo rimettere nelle vostre mani… Beh! Non cadiamo in futili discorsi: come avrete letto nell’annuncio, la missione è molto pericolosa e si rende necessaria, vista la situazione di alto rischio. Mi spiego: ultimamente si è registrato un numero insolito di sparizioni all’interno dei confini della steppa. Tutti sappiamo che metterci piede è una decisione da prendere con la massima ponderatezza, e tutti si aspettano qualche decesso, ogni tanto… Però, come i manifestanti ci fanno presente di continuo, i numeri non si erano mai spinti oltre una certa soglia, hem, di tolleranza!”- il D’jak si alzò stizzito e si nascose dietro la poltrona; poi continuò -“Sì, insomma, bisogna intervenire. Ora, sappiamo tutti quali possono essere le fini a cui uno va incontro: ci sono gli animali feroci, i briganti… magari uno decide di sua spontanea volontà di non venirne più fuori! In ogni caso, noi siamo tenuti ad indagare. Avrete capito che in realtà, a svolgere suddetto compito… sarete voi!”-.
A questo punto, sul viso di Yakov si dipinse il tipico sorrisetto della persona soddisfatta e provocatrice:-“Tutto qui? Pensavo peggio! Da come ne parlavano i tuoi… ‘sottoposti’, sembrava un’impresa impossibile! …E i soldi? Quando ce li darete?”-.
-“Ma certamente, non le sfugge niente… Ovviamente a lavoro concluso. Questo vuol dire che dovrete portarmi delle prove concrete assieme ad un quadro verisimile… Avete compreso?”-.
I tre si guardarono l’un l’altro, mentre il D’jak porgeva frettolosamente la mano.
Dem’yan:-“Quindi, ricapitolando, io e… noi due dovremo andare nella steppa per capire come mai ci sono tutte queste sparizioni. Ma, scusi, abbiamo dei punti di riferimento? Qualcosa da cui iniziare…?”-.
Yakov, sentendo le domande, fece una smorfia di scherno:-“Ma dai! In questi casi non avrai mai delle certezze, dei ‘punti di riferimento’! Ti hanno dato il tuo compito, ti hanno detto dove e chi: che vuoi di più?”-.
-“Mi sto per mettere in cammino verso un luogo che promette ostacoli, imprevisti e non ultima la morte! Mi sembra normale cercare di chiarificare ogni dettaglio…!”-.
Il D’jak li interruppe annoiato, deluso dal fatto di non essere riuscito a congedarli velocemente:-“Se proprio volete, c’è effettivamente una cosa che vi può servire: non so bene di preciso, penso a metà strada tra qui e Aleksandrov-Gay… si trova il castello degli Stroganov. Oh per meglio dire, della Signora Stroganov, visto che, ultimamente, gira voce che sia rimasta solo lei ad abitarlo. Comunque, ve l’ho detto, perché quello può considerarsi probabilmente l’unico ‘punto di riferimento’ sicuro per i viaggiatori. Più di questo non vi saprei dire…”-.
Yakov annuì col capo, e si alzò in piedi, tutto deciso a levare le tende. Dem’yan sembrava ancora tentennante, come se avesse in tasca una lunga lista di domande da porre, ma vedendo il futuro compagno di avventura comportarsi a quel modo, si risolse a desistere e ad abbandonare la scena.
Mentre erano sul punto di uscire, però, il D’jak ebbe un ultimo moto:-“Ah, scusate, ancora un attimo! Qualche tempo fa una nostra collaboratrice si è avventurata nella regione per svolgere il vostro stesso compito. Se riuscite a capire che cosa le è successo... però ormai, cosa volete, nessuno può sperare di rimanere vivo a lungo, laggiù senza aiuto. Ma tranquilli, voi siete in due, due uomini grandi e forti! Non una donnicciola che sa a malapena alzare una spada! Ce la farete e... intascherete un bel po' di quattrini!”-.
Dem’yan ascoltò con rinnovato interesse quelle parole, e fissò l’uomo negli occhi come se fosse infastidito. Sentimento che nascose in breve, ricordandosi del luogo e della persona che gli si trovava di fronte.